martedì 22 aprile 2008

Al di la del muro

Si narra che questa storia sia stata vissuta da un giovane, un tal Floruccio in un epoca molto lontana, nel medioevo a Tergeste, una piccola città dell'alto Adriatico fondata forse da un giovane navigatore greco di nome Tergesteo.
Dovete sapere che la cittadella di Tergeste a quell'epoca era racchiuso dentro alte mura che proteggevano l'abitato dalle fiere e... dai malintenzionati. Le famiglie di allora vivevano di lavoro artigianale, di coltivazioni, pesca e di commercio ed i giovani venivano reclutati ed arruolati dal Comune a Governo della città per adibirli a guardia di vedetta lungo i camminamenti ed i torrioni dei muri che circondavano la città. Tali guarnigioni erano a volte nominate cernite (dal latino cerneo? "scelta"). Una legge comunale inoltre stabiliva che terreni liberi da vincoli, venissero proposti in forma gratuita alle famiglie che desideravano coltivare queste terre. Ciò comportava un beneficio alle famiglie che si dedicavano all'attività contadina e cioè che i componenti maschi di quel nucleo famigliare fossero esonerati dai turni di guardia della città, data anche la loro povertà e l'impossibilità di acquistare delle armi. Ma torniamo alla nostra stroria.
Floruccio viveva da contadino: la sua famiglia aveva scelto di lavorare la terra, un lavoro duro e pesante. Poteva così evitare un servizio militare che pericoloso per l'epoca era.
Floruccio lavorava la terra, quella adibita ad olivi e nel tempo libero, da lontano, osservava quegli uomini in divisa che facevano la ronda sui muri circostanti e sui torrioni: erano armati ed avevano l'aria importante, quella delle persone forti che proteggevano la città. Per l'immaginazione di Floruccio, lassù doveva essere proprio bello vedere la propria città dall'alto e poter osservare tutto ciò che si trovava e succedeva al di là del muro. Cosa c'era là dietro? Non aveva mai varcato la soglia della porta principale, non ne aveva motivo; il lavoro era la sua vita; ma La cosa lo interessava ed impauriva allo stesso tempo, li fuori nulla era sicuro, chi e cosa avrebbe incontrato. Incominciò dunque ad accarezzare un sogno, quello di vedere il mondo esterno. Come diventando un soldato, insomma.... uno di loro, un uomo utile alla difesa della propria città, avrebbe così visto cosa ci fosse al di la del muro. Era solo un sogno..lui era un contadino. Intanto però gli anni passavano, e il lavoro nei campi in fondo non gli dispiaceva: la sua vita correva tranquilla in seno alla sua famiglia, povera ma felice. Come poteva essere la sera di una famiglia di allora? A quell'epoca non era come oggi, quando calava la sera, per i cittadini correva l'obbligo di stare rinchiusi in casa, e non c'era la possibilità di divertirsi, uscire per un giovane era pericoloso ed i furfanti aspettavano nell'ombra; così di sera si usava riunirsi attorno ad un tavolo in famiglia con parenti e amici per socializzare e magari fare qualche gioco casereccio esistente in quel periodo. Ad una certa ora però ogni famiglia doveva rientrare a casa propria poiché c'era una specie di coprifuoco. Per evitare trasgressioni c'erano i banditori comunali, che ogni sera dalle ore ventidue giravano per le vie della città a tutela dei cittadini e proseguivano a intervalli di due ore il giro della città proseguendo il loro lavoro fino all'alba, muniti di un tamburo che lo colpivano con una mazza imbottita e gridando ad alta voce : “Sono le ventidue e tutto va beneeee!!!!! “ e cosi via ad intervalli, fino all'alba.
Venne dunque un brutto giorno un fatto nuovo: notizie allarmanti si diffusero all'interno della città. I cittadini erano esterefatti: gli invasori Turchi si stavano avvicinando paurosamente a questa zona per conquistarla, con la loro violenza distruttiva, notizie li davano già vicini alla valle di Zaule. I Comuni esistenti nel territorio, Muggia compresa si coalizzarono per difendersi da quell'orda nemica tremenda che avrebbe portato lutti: aprirono il reclutamento di soldati cittadini a tutti i ceti sociali, anche i figli (fino ai 16 anni) di quei contadini fino ad allora, per statuto, esentati da questo obbligo.
Floruccio, ormai adulto e libero nelle sue scelte sentì imperioso il dovere di arruolarsi per difendere la sua terra la sua città la sua famiglia, le cose guadagnate nella vita, la serenità della sua gente per quella che poteva esistere a quell'epoca. Si offrì subito volontario, il Comune visto il pericolo armò gratuitamente tutti quelli come lui che da poveri non potevano permettersi usbergo spada e scudo. Floruccio prese lo scudo con il simbolo del Comune: la lancia di San Giusto ed una spada, calzo un piccolo elmo di cuoio e mise il suo vestito migliore. Come lui tutti gli uomini dai sedici anni fino ai settanta. Il piccolo esercito fu pronto ed al momento opportuno fu incolonnato, attraversò una delle porte inquadrato e lasciò la città per raggiungere prima le alture con le altre genti d'arme dei comuni del Carso tergestino. In mezzo a questi uomini, soldati di professione e no c'era dunque anche Floruccio che viveva con grande emozione questo particolare momento. La prima sensazione che sentì dentro di se, una volta fuori dalle mura fu però di smarrimento, il sentirsi solo pur facendo parte di un corpo militare gagliardo lo intimoriva: si rendeva conto solo ora che quella marcia tra non molto sarebbe scaturita in una cruenta battaglia dalla quale avrebbe forse potuto anche non fare più ritorno a casa, al di la del muro avrebbe potuto quindi perdere ogni cosa, ma sopratutto la più importante: la sua vita. Consapevole dei motivi per i quali si trovava a marciare incontro al nemico, Floruccio si strinse ai suoi nuovi compagni e si convinse della giusta causa per questa sua scelta. Il Carso con la sua vegetazione stava facendo la sua parte: terra arida e ostile anche ai nativi, non lasciava doni nemmeno ai nemici Turchi. Non passarono molti giorni che arrivarono i fatti d'arme: i turchi erano terribili a vedersi, ma si trovarono di fronte ad un esercito risoluto e ben organizzato, non trovando niente da razziare, si decisero ad affrontare i tergestini per conquistare la città. Arrivò il giorno la piana di Zaule si riempi di suoni e urla mai sentite prima: ci fu la battaglia e fu tremenda, tanto che non venne volutamente descritta, si seppe però che ci furono morti e feriti e gli invasori seppur superiori in forze ma non in tenacia, avevano dovuto ritirarsi: Tergeste e le sue genti ancora una volta aveva mantenuto la sua libertà. La guerra era finita. Tra i fortunati che fecero ritorno a casa, c'era anche Floruccio e di lui molto si parlò: si era fatto molto onore combattendo con coraggio, atterrando da umile villico un forte cavagliere Turco ben armato, disarmandolo e facendolo prigioniero. Aveva superato grazie alla sua forte fibra fisica i disagi, le intemperie, le notti all' adiaccio e le ferite riportate durante quel duro combattimento.
Floruccio ritornò a casa, assieme a molti suoi commilitoni ed ai prigionieri, la gente alla vista dei vincitori li accolse con gioia e festa, la famiglia di Floruccio ne era fiera: un umile villico era diventato un eroe. Floruccio ora sapeva cosa lo aspettava fuori dalle mura e così lentamente riprese la sua vita di contadino assieme ai suoi cari. Ritornò al suo antico mestiere e quel giorno, mentre lavorava nei suoi campi, senti il cuore pieno di gioia: prese in mano un po' di terra la baciò fiero di averla difesa, per la sua gente per la sua città. Per fare questo Floruccio era stato costretto a malincuore a realizzare il suo sogno ...andare al di la del muro.
Amedeo 1940

Note

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