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giovedì 25 dicembre 2008
lunedì 22 dicembre 2008
Fine lavori
E' stata costruita tanto tempo fa..ma solo in questi giorni ha ricevuto le ultime finiture: si completano così i lavori messi in cantiere. Si tratta di una semplice e simpatica casetta normanna.. Se vuoi vedere da dove si è partiti clicca qui.
venerdì 19 dicembre 2008
Manipolo d'Eroi
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Un breve, semplice e gratuito skirmish sulla Seconda Guerra Mondiale.
Secondo me molto utile per chi è alle prime armi e vuole cominciare senza
impazzire dietro regole complesse.
Per richiederlo all'Autore Roberto Pascali Cliccate qui.
lunedì 15 dicembre 2008
Mille e non più di 1000
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venerdì 28 novembre 2008
Casa mia, casa mia, per piccina che tu sia tu mi sembri..
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Mettere su casa è sempre stato un problema economico . Non parliamone poi se si desidera una casa ecologica: i costidiventano improponibili. Però... Non vi piacerebbe una casa al costo di un euro?
Ovviamente se state pensando di "mettere su casa", raffreddatevinon stiamo parlando di villette: una volta finita non potrete metterci dentro i vostri mobili, stiamo parlando di casette in scala, quelle per le miniature ad intenderci.
Ecco cosa vi serve:
- foglio di cartoncino bristol a grana 200grammi
- foglio di sughero (spessore 2-4mm)
- colla vinilica e colla cianoacrilica
- un foglio A4 plastificato (per copertine quaderni)
- taglierino forbici ecc
- un pizzico di fantasia, oppure un disegno in scala.
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Quindi cogliete l'attimo: Prendete una piantina di una casa o una foto di una casa da costruire, disegnate sul sughero le pareti, in scala, le finestre è via di fantasia...avrete la casa dei vostri sogni.
Attenzione alle proporzioni: prendete come riferimento l'altezza delle vostre miniature: 15mm sarebbero circa 1,7-1,8metri reali, 20mm (1:72) idem. Fate due proporzioni e via.
Prossimamente la tinteggerò.
Callaghan
PS: Il sughero è un materiale termico più o meno ecologico (le quantità sono minime): avrete dunque una casetta in classe energetica A al costo di un euro, vi sembra poco?
giovedì 27 novembre 2008
Wargamers
lunedì 24 novembre 2008
sabato 22 novembre 2008
Band Of Brothers
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"Band of Brothers - Fratelli al fronte (in originale: Band of Brothers) è una miniserie televisiva statunitense in 10 puntate prodotta da Steven Spielberg e Tom Hanks con la partecipazione della rete HBO nel 2001.
La miniserie è stata ispirata dal libro Banda di fratelli (in originale: Band of Brothers: E Company, 506th Regiment, 101st Airborne from Normandy to Hitler's Eagle's Nest, 1992) dello storico Stephen Ambrose, che ha anche partecipato come consulente. Può essere considerata a tutti gli effetti come uno spin-off del film Salvate il soldato Ryan che aveva Spielberg come regista e Hanks come protagonista.
Una nuova miniserie di 10 puntate degli stessi creatori di Band of Brothers (Steven Spielberg, Tom Hanks, Gary Goetzman), chiamata The Pacific, è attulmente in lavorazione. La nuova miniserie sarà incentrata sugli avvenimenti della Guerra del Pacifico e dovrebbe essere pronta per il 2009.(*)
Da Wikypedia(*)
venerdì 3 ottobre 2008
Avviso per i naviganti
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E' sicuramente per me uno dei paesaggi naturali più affascinanti e misteriosi in assoluto, non ha una forma ne colore fissi, ma infinite sfacettature, superfici particolari e colori mutevoli con le condizioni climatiche, sotto la sua superficie si cela un mondo magnifico e misterioso: il mare. Realizzarlo in un plastico mi ha messo sempre a disagio per la difficoltà di capire in scala che tecnica usare, dopo molte prove masopratutto grazie ai consigli didue persone ho trovato il sistema finalmente semplice ed economico per simularlo.
Vi bastano pochi elementi:
- tre colori acrilici fondamentali, blu, bianco e verde;
- pittura blu scuro al quarzo;
- una spugnetta o per i più raffinati un pennello a spugna e un pennello piatto;
- una superficie piana liscia (plastica o isolante) che farà da base;
- una tavolozza per miscelare i colori, un bicchiere d'acqua
- vernice acrilica spray trasparente lucida
Per chi interessa, noti gli ingredienti la ricetta è la seguente:
1)Si stende una mano generale di blu acrilico a copertura della superficie piana e si lascia asciugare (2ore minimo)
2)Su una tavolozza colori si fanno miscelando i tre colori fondamentali, miscele di colori di tonalità dal verde al verde chiaro, dal blu al celeste, si stendono larghe macchie di questi colori a caso a forma tondeggiante sulla superficie blu per il mare aperto, se si crea una costa, insistere con il verde sul lato spiaggia; si lascia asciugare minimo 2ore;
3) Con una spugnetta intinta nel blu scuro al quarzo si picchietta su tutta la superficie rendendola ondulata (si creano così le onde); si lascia asciugare 24ore;
4) Con un pennello piatto, lo si intinge prima di celeste (blu+bianco acrilico), lo si asciuga molto bene su un foglio di giornale in modo da togliere quasi tutto il colore e solo a questo punto pulito ancora una volta per sicurezza lo si passa velocemente su tutta la superficie ondulata che comincerà ad apparire "croccante" di blu e celeste sui rilievi; si lascia sciugare minimo 2 ore;
5) Con la stessa tecnica del punto 4 si stendono leggeri veli bianchi acrilici a tratti (Non su tutta la superficie) a creare gli spruzzi delle onde, per la costa insistere lato spiaggia ;Si lascia asciugare minimo 24 ore;
6) Si passa una mano a finire di vernice acrilica trasparente spray lucida su tutto.
Una volta asciutto... il mare e pronto, ;-)
buon viaggio
PS un grazie ai due consiglieri Fabio Tridente e Amedeo
venerdì 19 settembre 2008
mercoledì 11 giugno 2008
All'inferno e ritorno
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Inferno
una luce vicina
mi fa compagnia
Di sentinella
Un silenzio inquieto dietro me
Rumori indistinti oltre l'orizzonte
Il cuore si è fermato
Il buio sinistro di fronte si anima
Voci amiche in lontananza
Ordini concitati
"Giù la testa! Arrivano!"
Uno scoppio all'improvviso alla mia destra...
Lampi si accendono in lontananza
L'uragano ha inizio
Volate di traccianti fendono la notte
Mi cercano
Esplosioni, urla intorno e dietro me
mi appiattisco nella buca
vorrei sprofondare ancora
ma
Una mano mi prende
mi porta via
una luce vicina
mi fa compagnia
Di sentinella
Un silenzio inquieto dietro me
Rumori indistinti oltre l'orizzonte
Il cuore si è fermato
Il buio sinistro di fronte si anima
Voci amiche in lontananza
Ordini concitati
"Giù la testa! Arrivano!"
Uno scoppio all'improvviso alla mia destra...
Lampi si accendono in lontananza
L'uragano ha inizio
Volate di traccianti fendono la notte
Mi cercano
Esplosioni, urla intorno e dietro me
mi appiattisco nella buca
vorrei sprofondare ancora
ma
Una mano mi prende
mi porta via
dal questo buio
da questo inferno
da questo inferno
martedì 20 maggio 2008
Lettera a casa
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Sono solo un uomo legato al proprio destino, così stretto e corto da sembrare breve, quanto la mia vita che stà fuggendo via.
Se potessi mettere le ali: volerei da te senza soste ne indugi, lascerei questi luoghi, attreverserei le montagne di ingiustizie e le pianure di falsità, volerei sulle città devastate ed i mari di ipocrisia in tempesta.
Sarebbe un lungo viaggio ma potrei atterrare finalmente accanto a te.
Te sola amo, per sempre.
il tuo lontano
Callaghan
martedì 22 aprile 2008
Al di la del muro
Si narra che questa storia sia stata vissuta da un giovane, un tal Floruccio in un epoca molto lontana, nel medioevo a Tergeste, una piccola città dell'alto Adriatico fondata forse da un giovane navigatore greco di nome Tergesteo.
Dovete sapere che la cittadella di Tergeste a quell'epoca era racchiuso dentro alte mura che proteggevano l'abitato dalle fiere e... dai malintenzionati. Le famiglie di allora vivevano di lavoro artigianale, di coltivazioni, pesca e di commercio ed i giovani venivano reclutati ed arruolati dal Comune a Governo della città per adibirli a guardia di vedetta lungo i camminamenti ed i torrioni dei muri che circondavano la città. Tali guarnigioni erano a volte nominate cernite (dal latino cerneo? "scelta"). Una legge comunale inoltre stabiliva che terreni liberi da vincoli, venissero proposti in forma gratuita alle famiglie che desideravano coltivare queste terre. Ciò comportava un beneficio alle famiglie che si dedicavano all'attività contadina e cioè che i componenti maschi di quel nucleo famigliare fossero esonerati dai turni di guardia della città, data anche la loro povertà e l'impossibilità di acquistare delle armi. Ma torniamo alla nostra stroria.
Floruccio viveva da contadino: la sua famiglia aveva scelto di lavorare la terra, un lavoro duro e pesante. Poteva così evitare un servizio militare che pericoloso per l'epoca era.
Floruccio lavorava la terra, quella adibita ad olivi e nel tempo libero, da lontano, osservava quegli uomini in divisa che facevano la ronda sui muri circostanti e sui torrioni: erano armati ed avevano l'aria importante, quella delle persone forti che proteggevano la città. Per l'immaginazione di Floruccio, lassù doveva essere proprio bello vedere la propria città dall'alto e poter osservare tutto ciò che si trovava e succedeva al di là del muro. Cosa c'era là dietro? Non aveva mai varcato la soglia della porta principale, non ne aveva motivo; il lavoro era la sua vita; ma La cosa lo interessava ed impauriva allo stesso tempo, li fuori nulla era sicuro, chi e cosa avrebbe incontrato. Incominciò dunque ad accarezzare un sogno, quello di vedere il mondo esterno. Come diventando un soldato, insomma.... uno di loro, un uomo utile alla difesa della propria città, avrebbe così visto cosa ci fosse al di la del muro. Era solo un sogno..lui era un contadino. Intanto però gli anni passavano, e il lavoro nei campi in fondo non gli dispiaceva: la sua vita correva tranquilla in seno alla sua famiglia, povera ma felice. Come poteva essere la sera di una famiglia di allora? A quell'epoca non era come oggi, quando calava la sera, per i cittadini correva l'obbligo di stare rinchiusi in casa, e non c'era la possibilità di divertirsi, uscire per un giovane era pericoloso ed i furfanti aspettavano nell'ombra; così di sera si usava riunirsi attorno ad un tavolo in famiglia con parenti e amici per socializzare e magari fare qualche gioco casereccio esistente in quel periodo. Ad una certa ora però ogni famiglia doveva rientrare a casa propria poiché c'era una specie di coprifuoco. Per evitare trasgressioni c'erano i banditori comunali, che ogni sera dalle ore ventidue giravano per le vie della città a tutela dei cittadini e proseguivano a intervalli di due ore il giro della città proseguendo il loro lavoro fino all'alba, muniti di un tamburo che lo colpivano con una mazza imbottita e gridando ad alta voce : “Sono le ventidue e tutto va beneeee!!!!! “ e cosi via ad intervalli, fino all'alba.
Venne dunque un brutto giorno un fatto nuovo: notizie allarmanti si diffusero all'interno della città. I cittadini erano esterefatti: gli invasori Turchi si stavano avvicinando paurosamente a questa zona per conquistarla, con la loro violenza distruttiva, notizie li davano già vicini alla valle di Zaule. I Comuni esistenti nel territorio, Muggia compresa si coalizzarono per difendersi da quell'orda nemica tremenda che avrebbe portato lutti: aprirono il reclutamento di soldati cittadini a tutti i ceti sociali, anche i figli (fino ai 16 anni) di quei contadini fino ad allora, per statuto, esentati da questo obbligo.
Floruccio, ormai adulto e libero nelle sue scelte sentì imperioso il dovere di arruolarsi per difendere la sua terra la sua città la sua famiglia, le cose guadagnate nella vita, la serenità della sua gente per quella che poteva esistere a quell'epoca. Si offrì subito volontario, il Comune visto il pericolo armò gratuitamente tutti quelli come lui che da poveri non potevano permettersi usbergo spada e scudo. Floruccio prese lo scudo con il simbolo del Comune: la lancia di San Giusto ed una spada, calzo un piccolo elmo di cuoio e mise il suo vestito migliore. Come lui tutti gli uomini dai sedici anni fino ai settanta. Il piccolo esercito fu pronto ed al momento opportuno fu incolonnato, attraversò una delle porte inquadrato e lasciò la città per raggiungere prima le alture con le altre genti d'arme dei comuni del Carso tergestino. In mezzo a questi uomini, soldati di professione e no c'era dunque anche Floruccio che viveva con grande emozione questo particolare momento. La prima sensazione che sentì dentro di se, una volta fuori dalle mura fu però di smarrimento, il sentirsi solo pur facendo parte di un corpo militare gagliardo lo intimoriva: si rendeva conto solo ora che quella marcia tra non molto sarebbe scaturita in una cruenta battaglia dalla quale avrebbe forse potuto anche non fare più ritorno a casa, al di la del muro avrebbe potuto quindi perdere ogni cosa, ma sopratutto la più importante: la sua vita. Consapevole dei motivi per i quali si trovava a marciare incontro al nemico, Floruccio si strinse ai suoi nuovi compagni e si convinse della giusta causa per questa sua scelta. Il Carso con la sua vegetazione stava facendo la sua parte: terra arida e ostile anche ai nativi, non lasciava doni nemmeno ai nemici Turchi. Non passarono molti giorni che arrivarono i fatti d'arme: i turchi erano terribili a vedersi, ma si trovarono di fronte ad un esercito risoluto e ben organizzato, non trovando niente da razziare, si decisero ad affrontare i tergestini per conquistare la città. Arrivò il giorno la piana di Zaule si riempi di suoni e urla mai sentite prima: ci fu la battaglia e fu tremenda, tanto che non venne volutamente descritta, si seppe però che ci furono morti e feriti e gli invasori seppur superiori in forze ma non in tenacia, avevano dovuto ritirarsi: Tergeste e le sue genti ancora una volta aveva mantenuto la sua libertà. La guerra era finita. Tra i fortunati che fecero ritorno a casa, c'era anche Floruccio e di lui molto si parlò: si era fatto molto onore combattendo con coraggio, atterrando da umile villico un forte cavagliere Turco ben armato, disarmandolo e facendolo prigioniero. Aveva superato grazie alla sua forte fibra fisica i disagi, le intemperie, le notti all' adiaccio e le ferite riportate durante quel duro combattimento.
Floruccio ritornò a casa, assieme a molti suoi commilitoni ed ai prigionieri, la gente alla vista dei vincitori li accolse con gioia e festa, la famiglia di Floruccio ne era fiera: un umile villico era diventato un eroe. Floruccio ora sapeva cosa lo aspettava fuori dalle mura e così lentamente riprese la sua vita di contadino assieme ai suoi cari. Ritornò al suo antico mestiere e quel giorno, mentre lavorava nei suoi campi, senti il cuore pieno di gioia: prese in mano un po' di terra la baciò fiero di averla difesa, per la sua gente per la sua città. Per fare questo Floruccio era stato costretto a malincuore a realizzare il suo sogno ...andare al di la del muro.
Amedeo 1940
martedì 29 gennaio 2008
Rosandra era il suo nome
C'era una volta..c'era..
Fatto volle che una domenica di dicembre il Conte decise di partire per la lontana Tergeste, assieme ai servitori, due guardie, tutti i cavaglieri, decise di portare con se la moglie e anche la piccola Rosandra. Per una volta avrebbero assistito alla messa di Natale nella cattedrale di S. Giusto, nonostante la guerra, il pericolo, la fame e la città lontana. Sarebbe stato un giorno di pace. Scesi al borgo raggiunta la strada per Moccò si diressero verso Tergeste che avrebbero raggiunto dopo una decina di chilometri a cavallo. Ai piedi della chiusa, Fabiolo che custodiva su un prato il gregge vide da lontano l'arrivo di qualcuno, una decina di cavaglieri, di aspetto non noto di strane insegne, imponenti sui loro destrieri e dal passo cadenzato. Erano armati di tutto punto, le celate sul volto, sconosciuti. "Sono i Barbamoccolo" pensò, "forse c'è anche il Conte e se faccio una bella impressione, potrei sperare di parlargli di Rosandra...ma, no che idea..". Intanto che si avvicinavano li osservò meglio“Che strano..questi cavaglieri non li avevo mai visti al castello, non vedo le insegne del Conte” e si alzò curioso di vedere la parata e salutarli con un cenno. “Magari fossì cavagliere come loro” pensò "potrei sposare Rasandra, la bacerei, la..". Ad un tratto:”ehi tu” disse uno di loro, “ehi stracione!!” sobbalzò..”Cosa? Straccione a me?”. I cavaglieri lo avevano scorto e fermi lo avevano puntato “vieni qui..”. Fabiolo capì che questa parlata non era dei posti, sembrava, Goriziana, veneta...”Oh mio Dio! Sono soldati nemici..” Allora capì: Fabiolo lentamente si alzò. “Qual'è la strada per il castello?” Non era una domanda, ma una minaccia, penso Fabiolo. Non risposse, prese tempo per pensare “Ehi dico a te..sei sordo??” “Giù per la via, signore, il castello sta giù per questa via dietro al bosco su una collina”. Indico con la mano ferma la strada sbagliata. Dentro di se era tutto un subbuglio e forse il rossore d'ira gli avvampava il volto.."Speriamo non se ne accorgano.." pensò.."Questi vogliono far del male alla mia Rosandra, ai miei amici" pensò..I cavaglieri erano sospettosi, ma vista la decisione del giovane, gridarono i destrieri verso qual sentiero..”Bada villico che se mi dici una bugia, ritorno e ti taglio la lingua...”..disse voltandosi uno di loro. Fabiolo deglutì, in effetti la parola Taglio era ancora nelle orecchie che i cavaglieri scesero giù per il sentiero di fretta, di una fretta militare. Fabiolo ripreso dallo stupore corse con tutte le sue gambe verso il castello, "non so se riesco ad avvisare gli altri in tempo...se non faccio in fretta i cavaglieri saranno di ritorno in un baleno ed entreranno nel castello" capì. Ma ecco che per incanto giù per la strada dietro ad una curva incontrò proprio il conte, i soldati, i cavaglieri tutti e Rosandra..che si dirigevano a Tergeste. Rimase imbambolato al sorriso di Rosandra: “Che bella che è..”, subito si riprese: si ricordò dei veneti, delle minacce.."Siete in pericolo mio signore...” e Raccontò del nemico, dei cavaglieri..il Conte, vista la reale foga del giovane, gli credette: in fretta mise in salvo la famiglia e Rosandra, diede ordine di radunare i popolani nel castello, riunì tutti i militi ed i cavaglieri e facendosi accompagnare da Fabiolo andò incontro al nemico.
Raggiunta la chiusa i veneti, che intanto si erano accorti di esser stati presi in giro, erano decisi a farla pagare a quel vilico e già che c'erano a tutti i paesani di Moccò, ma non si aspettavano di incontrare così presto i soldati del castello ed il conte armati di tutto punto, in persona. Fu un attimo di esitazione poi una mischia furibonda si accese e veneti e castellani si scontrarono sul posto. Fabiolo ad un tratto vide il conte cadere, i soldati intorno presi in vari duelli individuali, allora prese il suo bastone e preso da un furore guerriero corse in aiuto del Conte, picchiando a più non posso sull'elmo dell'avversario veneto. I castellani che erano in maggioranza misero in fuga i veneti che scapparono via malconci, minacciando vendetta, ma senza l'aiuto di Fabiolo il conte non si sarebbe salvato di certo. Fu così che il giorno dopo, per il servigio prestato Fabiolo fu ringraziato e coperto di onori dal Conte nel centro del paese: anzi per ricompensa lo avrebbe nominato sergente. Tuttavia il Conte sebbene ferito, capì l'interesse di Fabiolo su Rosandra e si preoccupò. "Solo un cavagliere potrà sposare Rosandra" enunciò, e se tu raggiungerai tale grado forse un giorno potrò concederti la mano di mia figlia. Era chiaro che nonostante il servigio prestato, difficilmente Fabiolo poteva sperare di vedersi ufficialmente con la bella Rosandra. Fabiolo nutriva la speranza di sposare Rosandra, bastava che raggiungesse il grado importante di cavagliere. I mesi passarono, Venezia aveva chiuso i commerci e le strade a Tergeste, nessuno pensava più che la guerra sarebbe terminata presto. Un anno dopo Tergeste decise di raccogliere tutti gli uomini in arme dei dintorni e scontrarsi con gli alleati di Venezia per farla finita una volta per tutte. Fabiolo che in questo tempo vivendo al castello continuava a vedersi di nascosto con Rosandra, tra le lacrime di lei, decise di partire al seguito del Conte con l'esercito per meritarsi il grado di cavagliere. I tempi erano cupi e i soldati promettevano qualunque cosa pur di vincere. La battaglia agognata non ci fu, il Cardinale di Gemona in persona intercesse per un armistizio, ma le cronache narrano che in un piccolo scontro prima della battaglia finale, molti militi di Moccò tra cui Fabiolo furono dispersi o rimasti prigionieri. La verità fu che Fabiolo non ritornò più con il Conte a Moccò, nessuno lo vide più.
Quello che successe dopo è solo leggenda: sembra che presa dalla pazzia del tremendo dolore, Rosandra, saputa la notizia della perdita del suo amato, si precipitò dalla rupe dall'alto della torre; il conte impazzì dal dolore e fece demolire il torvo castello con la scusa che esso non servisse più. La leggenda si sparse per il paese, per il territorio: i villici volevano immaginare Rosandra ancora viva, non potevano crederla morta, si diceva che per dolore della perdita di un cavagliere morto alle crociate, ella avesse pianto a dirotto tanto da formare un fiume e il cielo per pietà l'avesse trasformata in una bianca pietra del carso. Un fiume già scorreva in quella valle che da quei giorni ed oggi ancora prende proprio il nome di Val Rosandra.
una valle ed un vecchio Castello, detto di Moccò,
questo era il suo nome. Era raggiungibile da uno stretto sentiero a picco sulle rocce, attraversando uno stretto ponte levatoio, era stato costruito su una antica collina ora di aspetto torvo, piccolo, ma imponente, con mura alte e possenti servito da una torre battuta dai venti su uno sperone di roccia, come un nido d'aquila a sentinella di una valle bella e misteriosa. All'ultimo piano di questo maniero, in una piccola e fredda camera in pietra con un camino, alla luce di una lanterna, viveva la giovane e bella Rosandra, figlia del Conte dei Barbamoccolo che da anni ormai governava queste fredde mura. Il castello era un fortilizio militare protetto da una piccola cernita di militi e da una ventina di cavaglieri a estremo baluardo e difesa di queste terre di confine del vecchio Comune di Tergeste. Il Comune per anni rivale nei commerci di Venezia, dopo una ventina di anni di guerre, dopo carestie, era al collasso. Tutti agognavano la pace ma essa non aveva ancora raggiunto questi luoghi, così belli, ma brulli. Dopo le rotte dell'ultimo inverno, la povertà e le miserie della guarra, gli araldi davano per certo un esercito nemico in arrivo in città.
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Rosandra durante la guerra aveva vissuto sempre quasi da sola, poche amiche, in attesa di qualcosa o qualcuno che le cambiasse la vita, dalla stanza della torre poteva vedere la valle, gli alberi, il borgo, viveva alla finestra, ma non era libera, anche se poteva muoversi nel cortile del castello. Le mura erano la sua protezione e la sua prigione. Raramente e ben scortata da due damigelle ed un servo, ella usciva al borgo vicino, ma mai più lontano di qualche centinaio di metri da occhi premurosi, ma severi. Correre e giocare lungo i sentieri della sua valle e nei prati, anche da bambina le era proibito. Ma Rosandra non era più una giovinetta, giocare non la interessava più, ormai era una già donna ed il suo passaggio alla maturità le aveva aperto nuovi desideri, nuove aspettative, tuttavia per ora poteva solo sognare una vita di amore. A nessuno del paese era consentito avvicinare Rosandra, il padre ne era gelosissimo, guardingo, un guerriero, un tiranno negli affetti. Tutti allora si guardavano dall'avvicinarsi senza permesso alla giovinetta, essendo ella la figlia del temuto Conte. Al borgo gli uomini del paese, parlavano sempre della piccola principessa Rosandra, ed i cavaglieri tutti ne erano innamorati, spesso fantasticavano sulla sua bellezza, sul dorato colore dei capelli, le lebbra e il suo aspetto delicato. Per i militi invece, una parola di troppo e avrebbero perso la vita. Rosandra cercava il vero amore. Non sognava un cavagliere, un principe, ma un uomo che l'amasse per sempre, che la rapisse e la portasse lontano da quel cupo e triste magnero. Voleva vivere, amare, andare lontano da questi posti tristi e senza pace. Pochi del paese l'avevavo vista di persona: del resto lei era rinchiusa nel castello ed essi erano tutti uomini umili, poveri , dei pastori che anche se fossero giovani non avevano nessuna speranza di avvicinarla o peggio di alzare lo sguardo su di lei. Tuttavia tra loro vi era un giovinetto, gagliardo, di nome Fabiolo, figlio di un falegname, senza paura e di un coraggio da leone, sembrava più un condottiero che un pastore: da quando una sera sotto il castello aveva sentito la voce della Rosandra cantare, lui che già la sognava, si era innamorato perdutamente di lei. Avrebbe affrontato il Conte se serviva, ma era solo un pastore. Non era un incosciente tuttavia, nessuno riuscì a farlo cambiare idea: perchè un pastore con una principessa...che idea..Se è vero che la fortuna aiuta gli audaci, Fabiolo era un temerario: di nascosto e per caso conobbe Rosandra una mattina, ella era stranamente da sola alla fontana nel bosco, senza scorta, le due dame ad una cinquantina di metri ed il servo intento a raccogliere dei prelibati funghi. Fabiolo era bello, robusto e vivace, il mantello rosso copriva i suoi poveri vestiti. Parlarono a lungo: Rosandra se ne innamorò, lo vide con gli occhi dell'amore, non era un cavagliere, ma poteva esserlo, e quella non fu l'ultima volta che si rividero. Si videro ancora di nascosto. Si amarono, seppur di amor platonico ogni sera, lui sotto il castello, lei alla finestra della torre.
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Ieri come oggi la val Rosandra è uno dei posti più belli di Trieste, luogo di bellissime escursioni è dominata dal fiume omonimo, da una bella cascata, da una valle carsica e quasi dolomitica e dalle rovine del vecchio castello di Moccò. Sembra che in realtà il castello fosse stato diroccato dai Triestini stessi, per timore che cadesse nelle mani venete e che Fabiolo non fosse caduto in quella lontana bataglia ma ritornato a casa da quella avventura di nascosto a tutti, rapì la bella Rosandra che si finse morta. Forse è proprio vero che i due scapparono a quel torvo castello, vivendo fellici e contenti fino alla fine dei loro giorni. La leggenda vive ancora oggi.
Liberamente tratto da una delle leggende di Trieste...
sabato 5 gennaio 2008
Il capitano Holder...
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Da uno scontro di wargames del 2007: la partita si chiuse con la vittoria degli inglesi. Holder ha un cuore di piombo e sopravvive ancora dopo mille battaglie...
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